MIRABILIA.COFFEE

View Original

Intervista a Giulio Bordonaro - Artista e Designer

Se mirabilia è come la vedete voi adesso, è merito suo, mi ha aiutata a mettere in fila le mie idee e creare un Brand basato sui valori a cui tengo maggiormente. Giulio ha anche disegnato il logo, scelto i colori e creato i materiali che ricevete insieme al caffè, come gli adesivi o le schede per le ricette. Ho pensato d’intervistarlo perché è una persona molto interessante, fa cose davvero fighe e ha anche un punto di vista forte sul caffè specialty. Eccolo qui per voi:

Giulio Bordonaro, artista e designer, presentati ai lettori.

Sono una persona estremamente fortunata, perché ho la possibilità di svolgere il mio lavoro negli ambiti che mi hanno sempre appassionato: appunto l’arte e il design. Sin dall’infanzia, disegnare, immaginare, progettare, sperimentare sono le attività che svolgo con maggiore entusiasmo ed energia.

Oggi mi occupo principalmente di branding e di speculative futures design, sia come progettista e consulente, sia come educatore. Stimolare giovani designer a capire l’importanza del proprio ruolo nella società (e non solo nel mercato) è una delle responsabilità che mi dà maggiori soddisfazioni.

Sono molto felice di parlare  con te e con la community di Mirabilia, visto che anche io ho dato un contributo alla definizione del brand e del suo pubblico.

Tu hai lavorato sul brand di Mirabilia, e questo è stato il tuo primo lavoro nel mondo del caffè specialty. Definisci in una parola il tuo rapporto con il caffè.

Direi “indipendente”. Nel senso che non sono tra quelli che senza il caffè non riescono a connettere la mattina, o che non rinuncerebbero mai al caffè dopo i pasti. Riesco ad approcciare il caffè con gusto quando ne vale la pena, non come una droga quotidiana.

Da outsider, se pensi al caffè Specialty in Italia, come vedi la situazione attuale e come vedi il futuro?

Poter studiare e osservare da vicino la “nicchia” dello Specialty coffee mi ha dato spunti illuminanti su alcune tendenze che in futuro potrebbero svilupparsi anche nell’ambiente “mainstream”. Ad esempio, l’attenzione quasi maniacale per l’integrità dell’intera filiera produttiva dei caffè Specialty diventerà un tema fondamentale per qualsiasi prodotto alimentare. Pensare al cibo non più come commodity – ma come dono prezioso della natura e del lavoro umano – potrebbe segnare un cambiamento epocale nel nostro rapporto con l’alimentazione.

La tua installazione Games we’ll never play, presentata insieme a Nicoletta Gomboli durante la Design Week di Milano, ha riscosso molto successo, raccontaci di cosa si tratta.

Games we’ll never play è una ludoteca per machine intelligenti. Si tratta di un progetto di speculative design per stimolare una riflessione sull’influenza dell’intelligenza artificiale e dei robot nelle nostre vite e nel nostro modo di ragionare.

Nella nostra ludoteca si può giocare a Less Who?, una versione riprogettata del classico gioco da tavolo Indovina chi? per comprendere meglio il funzionamento degli algoritmi di riconoscimento facciale e allo stesso tempo mettere in discussione i nostri stereotipi su genere, etnia, età. Oppure c’è Quick Response, un mazzo di carte francesi in cui il valore di ogni carta è espresso tramite un QR code univoco stampato sulla faccia. Per sapere che carte abbiamo in mano o sul tavolo, c’è sempre bisogno di un intermediario tecnologico. Senza la fotocamera del nostro smartphone saremmo totalmente persi.

Un altro progetto che porti avanti da tempo è @suca.forte una collezione fotografica delle varie scritte SUCA che si trovano disseminate soprattutto a Palermo, ma anche in giro per l’Italia.  Qual è quella che ti ha sorpreso di più?

Ci sono alcuni SUCA che mi hanno stupito per la loro conformazione, ma la cosa di cui continuo a sorprendermi ancora, anche dopo 10 anni dedicati a questo progetto, è l’enorme diffusione di questa espressione sui muri. A Palermo c’è un SUCA praticamente su ogni muro, ma sono riuscito a trovarne un sacco anche a Milano, in altre città e perfino uno in un paesino di un migliaio di anime sulle rive del lago di Como. Quello mi ha fatto arrovellare su chi potesse averlo scritto e perché. Chi vuole esplorare la collezione intera e contribuire al progetto può farlo su www.sucaforte.com

Nella creazione dell’identità visiva di Mirabilia, cosa ti ha ispirato maggiormente?

L’enorme varietà di storie, particolari, aromi che nasconde il mondo del caffè. Chi è abituato solo alla moka o all’espresso del bar ha una visione molto ristretta delle potenzialità espressive del caffè. Nella progettazione dell’identità visiva di Mirabilia ho cercato di trasmettere questo potenziale lasciando ampia libertà stilistica nella scelta delle immagini e mantenendo fisso solo il logo, come certificato di autorevolezza e riconoscibilità del brand. Ogni caffè, ogni box di Mirabilia ha così la possibilità di raccontare una storia diversa dalle altre senza restare ingabbiata in uno stile univoco.

Ora parlaci un po’ di te, chi è Giulio e cosa ti piace fare nella vita.

Oltre alla passione per arte e design di cui abbiamo già parlato, sono un avido lettore. Mi piace spaziare tra saggi, racconti e romanzi che mi facciano immaginare ed esplorare con la mente in realtà alternative.

Insieme alla mia famiglia, invece, esploriamo il mondo che ci circonda. Ci piace viaggiare, osservare, cantare, inventare storie.

 Ora chiudiamo con la frase che ti identifica meglio.

C’è un motto che ho fatto mio, del grande designer Massimo Vignelli: “la vita di un designer è una battaglia, una battaglia contro la bruttezza”.

Questa bruttezza non va intesa in senso puramente estetico, sarebbe riduttivo: bruttezza è anche la sensazione di smarrimento per qualcosa che non funziona, la frustrazione di fronte a un sistema progettato con scarsa attenzione ai bisogni delle persone, e soprattutto la mancanza di armonia tra i propri valori e il proprio operato.